E’ quando sin da piccoli impariamo a nascondere le nostre emozioni, a spingerle via dal cuore, a non esprimerle, a soffocarle che tutto si disegna, che tutto accade.

È quando impariamo a non credere a quella parte di noi così stranamente disallineata dal resto del mondo eppure così intimamente profonda, meravigliosa, che sogna e che si vede realizzarsi in voli pindarici incompresi dai più, che tutto si genera.

Nel cuore di ognuno di noi c’è un bimbo alle volte dispettoso che richiede amore e attenzione, che chiede di esser finalmente compreso e accettato per quello che è.

Questo bambino ha la presunzione di sapere cosa sia giusto e chiede di esser ascoltato.

Ecco che accade che nel migliore dei casi consapevolizzi di essere incastrato in schemi, sempre negli stessi, che ti fanno sentire come imprigionato, senza via d’uscita.

Nel migliore dei casi perché molte persone non riescono neppure a “vedere” gli schemi del dolore.

Dove il tuo bimbo interiore vive, lì è casa, dove lui dimora lì tutto accade. Ritornare lì è guarire, prenderlo per mano amarlo dirgli va tutto bene e convincerlo ad uscire a vedere il sole, è guarire.

Alcolismo, bulimia, dipendenza dal cibo o da altre sostanze sono alcuni dei tanti rifugi di un’anima che chiede solo di “essere” e di essere amata.

Mille modi per fuggire dalla realtà che ci circonda, che fatichiamo ad affrontare che ci fa sentire così strani, così fuori posto così incapaci, così sbagliati.

Il modo migliore “stordirsi”, “autodistruggersi” per fare scomparire tutto ciò che sta fuori, tutto il dolore, tutto un mondo, per rimanere “dentro” ma senza “troppo dentro”, guardarsi, perché “guardarsi troppo dentro” crea davvero dolore, e fa davvero tanto male.

Ma quando l’esperienza “della dipendenza” termina ci si sente ancora più distanti da se e dagli altri, distrutti, stupidi, ancor più giudicati e disallineati da tutto. Ecco che questa diventa l’occasione che crea la necessità, il nuovo bisogno di ricorrere ancor di più all’alcool, alla droga, al cibo o a chissà quale dipendenza.

Le dipendenze spesso disinibiscono facendoci sentire più capaci di quanto non crediamo invece di essere al termine ci accorgiamo di aver di nuovo creato quel circolo vizioso che così tanto dolore crea.

Rompere gli schemi è riuscire a creare circoli virtuosi trasformando i circoli viziosi.

È nella svalutazione di sé che il bimbo si perde e teme di non riuscire a farcela, di non riuscire ad uscire e ad “andare”.

È nel senso di colpa che ha origine la frustrazione, il senso di svilimento di sé di inadeguatezza al mondo.

È nell’averne cura il senso, é nell’averne cura il segreto, è nell’amore la medicina e nell’abbraccio l’energia per la guarigione quindi nella comprensione nella comprensione di sé e di conseguenza degli altri.

“La dipendenza” è l’occasione generata dall’esistenza per auto guarirsi, per auto migliorarsi, per “conoscere la sofferenza vivendola” e riuscire a spingersi verso gli altri, per imparare ad essere di aiuto agli altri.

Se siete spettatori e non attori di questo viaggio sappiate che non servirà fingere di comprendere e amare, sapranno riconoscere ciò che non dite , perché la loro sensibilità è marcatamente superiore a quella di chiunque altro. “Sentiranno” ciò che tacete, così come riconoscono la profondità del loro infinito dolore.

Non sminuite il loro dolore, perché non esiste dolore più sordo e più profondo di un dolore che non viene creduto, che non sa esser compreso, che non sa esser ascoltato.

Non è insultarli, non è sminuirli, non è fare loro notare i loro limiti e fare loro toccare con mano la meraviglia e l’unicità che sono.

È il veleno che sa divenire medicina, quando il giudizio diventa “credo profondo” e amore.

É proteggerli. É impegnarsi. É abbracciarne l’intera esistenza oltre la vita presente, la cura.

È abbracciarne e amarne l’origine, gli avi, le vite attraversate nei secoli, i dolori per le guerre del mondo, il sentire per i dolori del mondo, è ciò che neanche chi vive da attore questa esperienza sa di sé, la chiave della svolta.

É l’amore.

In un film che amo immensamente, Stelle sulla Terra, si narra la storia degli alberi delle Isole Salomone.

“Nelle Isole Salomone quando la gente di quelle tribù vuole deforestazione un pezzo di giungla, per ricavarne terra da coltivare, insomma quella gente non abbatte gli alberi, si avvicina all’albero e lo insulta, con ostinazione, poi lo maledice e alla fine l’albero piano piano si secca, poi cade a terra da solo”.

Ecco prendiamoci cura di ogni albero questo Natale. Non facciamo come nelle Isole Salomone, consentiamo ad ogni singolo albero di credere nella sua unicità e di saper fiorire.

É nel creare un cuore libero che non giudica il compito di ognuno di noi. È nel credere ad ogni costo ma sapendo farlo davvero, il senso dello “stare accanto” o del nostro “starci accanto”.

Parlarne é già guarire. Amare è già guarire.

Creare quell’abbraccio necessario al “poter parlare” é creare la medicina necessaria “al poter guarire”.

Esiste chi si stordisce “con le dipendenze” ed esiste chi si stordisce “chiudendo il cuore”.

Alcool, bulimia, anoressia, night eating syndrome, droga, gioco, da tutto si può guarire, anche da un cuore “indurito, chiuso e giudicante” si può guarire.

Ecco che questo sia un Natale capace di guarire.

Ecco che questo sia un Natale del cuore, che sia un Natale che non ha religione, quando sa esser Natale d’amore.

Tiziana Cerra Love Trainer
MASTER COUNSELOR
FORMATORE IN DINAMICHE RELAZIONALI
Specializzato in CAMBIAMENTO STRATEGICO nelle SEPARAZIONI 
e nelle DIPENDENZE AFFETTIVE
(Consulente non medico)






 

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