HIROSHIMA IN QUELLA DEVASTAZIONE UN MONITO E LA PIÙ GRANDE LEZIONE PER L’INTERO MONDO. PER NON DIMENTICARE.


HIROSHIMA IN QUELLA DEVASTAZIONE UN MONITO E LA PIÙ GRANDE LEZIONE PER L’INTERO MONDO. PER NON DIMENTICARE.

HIROSHIMA IN QUELLA DEVASTAZIONE UN MONITO E LA PIÙ GRANDE LEZIONE PER L’INTERO MONDO.

Era il 6 agosto del 1945, un lunedì mattino e Setsuko una ragazzina che frequentava la scuola media, di buonora si recava con altre sue compagne alla stazione dei treni di Hiroshima e da lì verso il distretto militare. Setsuko dirigeva il gruppo di giovani donne che erano state assoldate per un compito davvero fondamentale. Lei e le sue compagne avrebbero dovuto decifrare i messaggi dal fronte presso i quartieri dell’esercito giapponese ad Hiroshima. Erano trenta ragazzine tutte della stessa età di Setsuko, 13 anni. Mi pare di vederle sorridenti e gentili varcare il cancello del distretto militare salutando il maggiore Yanai, mentre arrossiscono al sorriso dei giovani soldati impegnati nell’addestramento a difesa del loro glorioso popolo. Timide con lo sguardo un po’ basso e gli occhi emozionati e sinceri a trovar riparo le une negli occhi delle altre. Le mani forse agitate, nervose e sudate e il cuore fiero come solo un giapponese che serve la propria patria sa di non poter dimenticare mai. È il loro primo giorno di questo onorevole compito.
Papà e mamma di certo hanno loro insegnato la fedeltà ad ogni costo per quell’amato Giappone, la disponibilità ad ogni costo per quel tanto amato e coeso popolo.
Il maggiore Yanay subito dopo l’ingresso delle ragazze, verso le otto, tiene un discorso di incoraggiamento solo per loro, le esorterà con determinazione dicendo che quel giorno avrebbero potuto provare la loro stessa dedizione all’imperatore e il loro stesso patriottismo. Le ragazze risponderanno valorose: “sì signore, faremo del nostro meglio” e rientreranno nella loro stanza.
Alle 8,15 dietro i vetri in un’aula del distretto militare, Setsuko ricorderà di vedere una luce bluastra squarciare il cielo e di sentire d’un tratto il suo corpo come galleggiare nell’aria. Non potrà dimenticare le voci delle altre ragazze, molte sussurravano “Dio aiutami. Mamma aiutami”. Perché in Giappone non si urla, perché i giapponesi sono un popolo che da sempre vive sussurrando e sussurrando con orgoglio anche nel più atroce dei dolori, silenzioso ma valoroso muore. Ma il Giappone non morirà.
La storia dell’umanità cambierà quel giorno. Era il finire della seconda guerra mondiale e a segnare l’epilogo del conflitto ci penseranno gli uomini che dal bombardiere “Enola Gay” sganceranno il primo ordigno atomico nella storia dell’umanità, la bomba denominato “little boy”.
Il Giappone era stato colpito nel cuore, nel cuore della sua amata gente. Nel cuore della famiglia. Hiroshima era infatti considerato un bersaglio strategico, un luogo pieno di mogli di soldati impegnati al fronte, bambini anche molto piccoli e anziani troppo in là con gli anni per affrontare un conflitto. Morirono in 140.000, molti erano civili.
Molti scompariranno letteralmente nella deflagrazione. Nessuno ritroverà mai più i loro corpi.
Chiunque volesse attaccare il Giappone sapeva che affondarlo sarebbe stato possibile solo colpendolo nel nucleo dell’esistere, tra la gente comune, nel cuore della famiglia. Perché il Giappone non si sarebbe mai arreso. Perché quell’orgoglioso e combattivo popolo sarebbe rimasto coeso e unito per la propria gente e per le proprie famiglie fino alla morte.
E fu così che vennero colpiti al cuore dei saggi anziani, al pianto indifeso dei bambini e al cuore delle donne che mentre si adoperavano tra i civili al pari dei loro amati mariti soldati ne pregavano il ritorno sani e salvi, dal fronte.
Setsuko ricorderà dopo lo svenimento la voce del soldato che probabilmente le salverà la vita, la implorava di sbrigarsi, di spingere via le macerie e di seguire la luce.
Delle sue trenta amiche ne vedrà uscire solo due, le altre sono state arse vive in quell’inferno.
Era l’apocalisse.
Nessuno correva, nessuno urlava, tutto era silenzioso.
Quell’orgoglioso popolo sussurrava solo “acqua,acqua... acqua...”.
Dopo l’esplosione Setsuko fuggì in un campo sulla collina , era circondata da gente morta o in fin di vita, verrà ritrovata dalla sua famiglia che quel giorno era fuori città soltanto il giorno successivo.
Setsuko è un hibakusha, uno dei sopravvissuti a quell’inferno di follia umana. Racconta che ogni anno all’avvicinarsi di quell’anniversario si agita e piange soprattutto di notte. Dice che gli Hibakusha come lei vivono una doppia vita e che è impossibile non ripensare a che cosa è accaduto ma che non è possibile pensarci costantemente , perché occorre impegnarsi per fare di ciò che è stato qualcosa di buono perché non sia mai più. Per questo Setsuko si racconta, perché tutto questo non abbia mai più da accadere.
Il Giappone e i giapponesi saranno in ginocchio per il tempo necessario al loro risollevarsi e fino a quando coraggiosi e forti faranno si che anche questo loro dolore si trasformi da storia in missione per l’intero mondo.
Mostreranno al mondo che da quelle ceneri sapranno risorgere ancora più coesi e fieri, ancora più forti della loro fede e del loro patriottismo. Solidarietà, valori umani, diritti civili, cuore e amore per la gente tutta diverranno ancora di più priorità e direzione.

Al mio amato Giappone, all’intero mondo, ai miei figli e a chi più amo, che oggi sia pianto per tutti e che questo sia da esempio e mai più dimenticato.

Tiziana Cerra
www.tizianacerra.com

#pernondimenticare

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